Capita di avere dei frammenti di idee che vagano in modo indefinito nella mente in attesa che giunga il loro momento per crescere e diventare comunicabili. Ascolto Yanny da più di 20 anni ma quando, poco tempo fa, un tassista a Mosca ha lanciato sul suo tablet / tassametro questo suo concerto del 2006, alcuni frammenti hanno iniziato a ordinarsi e comporsi dando origine ad un’idea completa sulla “colla organizzativa -the organization glue-“.

Ciò che segue è l’esempio del “pensiero circolare”, oggetto di un mio precedente articolo di questo blog. Il “pensiero circolare” è, infatti, la descrizione di come un segnale inizialmente debole, una sensazione o un’intuizione, prenda forza per diventare pian piano un pensiero compiuto e, con l’ausilio di immagini e suoni, trasformarsi in linguaggio comunicabile. L’idea di colla organizzativa per prender forma si è servita di una pluralità di elementi: suoni, immagini, ricordi, emozioni, conoscenza implicita ed esplicita, parole e momenti di razionalizzazione.

Ma vengo al punto, all’origine di tutto due sensazioni: l’ansia di rappresentazione che può investire chi si occupa di organizzazione e la continua ricerca dello strumento giusto per la rappresentazione perfetta.

Il concerto di Yanni 2006 ha funzionato da attivatore del processo grazie alla sua capacità di rappresentare l’organizzazione ideale, quello che ogni manager vorrebbe nella propria azienda: ritmo, armonia, azione e valore.

Armonia tra creatività ed disciplina, positività e serenità nella fatica e l’impegno, tensione verso l’obiettivo, attenzione al cliente e contatto continuo con lo stesso, programmazione che libera improvvisazione, diversity management (fate caso al livello della diversità nel gruppo dai vestiti alle etnie agli stili). E inoltre perfetta sintonia e sincronia tra la dimensione del gruppo e quella delle molteplici individualità: il gruppo non si annulla nell’individuo ma allo stesso tempo l’individuo non si annulla nel gruppo ed emerge con forza trascinando l’insieme.

L’organizzazione che funziona è un luogo dove ci si aggrega (come somma di individui o come unione di altri gruppi più piccoli), senza perdere la propria soggettività continuando a vivere autonomamente trovando il modo di esprimere tutta la propria carica di energia e creatività.

L’organizzazione non deve essere progettata e gestita per appiattire le identità individuali. Il farlo è una “scorciatoia manageriale” percorsa solo da chi vuole evitare la fatica o l’impegno di gestire e armonizzare queste individualità. Chi mi ha letto sa che ritengo pigrizia e paura due nemici perfidi da combattere e annullare se si vuole costruire valore.

La ha paura dell’individualità porta al desiderio di annullarla. Noi siamo individui che cooperano che però conservano il bisogno di sentirsi protagonisti attivi della propria vicenda personale, anche e soprattutto in una organizzazione d’impresa. Ovviamente ognuno con le proprie gradualità e coerenze.

La chiave di successo dell’organizzazione non sta nell’annullamento degli obiettivi individuali, in nome di un obiettivo generale, bensì nella costruzione di un interesse comune coerente con le aspirazioni individuali. L’organizzazione aggiunge non toglie.

Chi è costretto ad annullare la propria individualità per entrare nel gruppo, vedrà crescere dentro di sé un rancore, che alla lunga si trasforma in una zavorra per il gruppo stesso.

Affronterò questo tema successivamente in modo più approfondito riflettendo sul fatto che forse il vero team building è prima di tutto un’azione individuale.

Il team funziona se chi vi partecipa è in equilibrio con se stesso e sa trovare con gli altri sintonia e armonia, lavorando per gli altri e per se stesso contemporaneamente senza contraddizioni.

E quindi?

Come si fa a replicare la stessa organizzazione di successo espressa dal concerto di Yanni? Semplice! E’ sufficiente definire i suoi due elementi chiave: il nucleo e la colla.

Il nucleo. Il nucleo è l’elemento centrale attorno al quale prende forma l’organizzazione, la colla è ciò che fa vivere quella forma, legando assieme tutti gli elementi che la compongono.

La mia idea di nucleo prende spunto da ciò che Armatya Sen esprime nel suo libro “L’idea di Giustizia” riguardo all’approccio alle capacità.

Il nucleo di una organizzazione è quell’interesse comune che muove e orienta l’azione di tutte le persone che vi partecipano. E’ l’interesse comune originato dal desiderio di sentirsi protagonisti della propria vita, in modo dinamico evolvendo il proprio essere nel tempo, declinabile in “essere nel sistema, fare ciò che si è in grado di fare, aumentare le proprie capacità, scegliere (poter scegliere), sentirsi protagonisti, evolvere nel tempo”.

La colla. La colla è, invece, la vita dell’organizzazione, ciò che abilita le azioni, i verbi, contenuti nella definizione di nucleo: “essere nel sistema, fare ciò che si è in grado di fare, aumentare le proprie capacità, scegliere (poter scegliere), sentirsi protagonisti, evolvere nel tempo”.

I musicisti diretti da Yanni ci trasmettono questa precisa sensazione: sono lì contenti di esserci consapevoli di essere se stessi e di far qualcosa di valore che li rende riconoscibili inequivocabilmente ed istantaneamente.

La mission di chi si occupa di organizzazione è questa, trovare nucleo e colla e non perdersi negli organigrammi concentrandosi sulla formalizzazione. Non è dibattere se sia meglio l’organizzazione a matrice o quella piramidale, spendere ore per scrivere una job description. Attività a volte, forse, necessarie ma con utilità limitata.

Vi siete mai chiesti perché non esiste una risposta a quanto forti devono essere i legami gerarchici rispetto ai funzionali oppure perché ci sono aziende che periodicamente passano dalla piramide alla matrice e viceversa? La risposta è che non esiste il sistema organizzativo perfetto, soprattutto se il modello a cui tendiamo è solo formale.

La formalizzazione illustra il sistema organizzativo, non lo regola: chiarisce, o meglio prova a chiarire, il livello di interazione e connessione tra le persone, le responsabilità ed i processi. Conoscere e saper utilizzare tutti gli strumenti di analisi e rappresentazione, la catena del valore di Porter, la flow chart, il ciclo dei workflow, etc, è indispensabile per chi si occupa di organizzazione ma non basta. Sarebbe come se scrivere un bel menù, descrivendo cosa mangio, fosse sufficiente per alimentare il nostro organismo.

Rappresentare è a volte, sottolineo a volte, opportuno ma di certo non sufficiente perché non ci aiuta a trovare né nucleo né tantomeno colla.

Per trovare questi due elementi serve una visione sistemica e sostanziale dell’organizzazione: sistemica e dinamica.

L’organizzazione va vista per quello che è: un sistema di persone che si aggregano e si integrano in armonia per massimizzare il loro contributo esaltando la propria individualità ma rispettando soggettività altrui con le stare in equilibrio.

Il video ne dà una rappresentazione fisica: un fluire di emozioni e decisioni che danno luogo a processi, tra loro sincronizzati, che producono altissimo valore.

Ogni persone entra nel sistema portando idee, emozioni, pensieri, conoscenze, capacità, strutture caratteriali, funzionamenti (comportamenti) principi e valori, e nel sistema ognuna di queste variabili si incrocia e si relaziona e, a volte, si aggrega. Pertanto all’interno del sistema coesistono soggetti individuali e soggetti aggregati: entrambi partecipano alla produzione del valore per i clienti, diretti e per quelli indiretti (la comunità sociale).

E’ la colla organizzativa che lega tutte le componenti del sistema e le fa lavorare assieme.

Come si trova la colla?

L’organigramma è una illusione ottica; sta alla colla quanto lo schema di istruzioni di un kit di montaggio sta all’oggetto finito. Molto spesso l’organigramma è una proiezione di nostri desideri più che una rappresentazione della realtà. L’Organization Network Analysis lo dimostra perfettamente quando rileva che i nodi reali dell’organizzazione sono diversi da quelli elencati nell’organigramma.

E non ci aiutano neanche Porter o il paradigma del workflow perché si focalizzano solo su una parte del sistema, i processi il primo e il cliente e i processi il secondo.

Serviva quindi un altro modello e siccome non c’era ce lo siamo costruiti: HelloPitagora.

HelloPitagora non sostituisce gli altri modelli li completa ed integra in una visione più ampia e coerente del sistema. HelloPitagora trova la colla dell’organizzazione, ne misura la forza e l’efficienza. Più la colla è forte più l’energia introdotta nel sistema (idee, emozioni, pensieri, conoscenze, capacità, strutture caratteriali, funzionamenti -comportamenti- principi e valori) resterà attaccata al nucleo trasformandosi in valore per l’organizzazione e per l’impresa.

HelloPitagora individua e misura i fattori che possono concretizzare i concetti espressi nel nucleo: “essere nel sistema, fare ciò che si è in grado di fare, aumentare le proprie capacità, scegliere (poter scegliere), sentirsi protagonisti, evolvere nel tempo”.

Parto dall’ “essere nel sistema” che si può tradurre in “poter scegliere di esserci liberamente”.

La libertà di scelta è il centro del mio ragionamento e mi porta al primo elemento chiave, l’informazione. Libertà di scelta significa comprendere bene obiettivi, principi, contesto, risultati attesi, compagni di viaggio etc.

La prima molecola della colla organizzativa è dunque il complesso di informazioni che permettono all’individuo di scegliere se “esserci o no”.

In ogni momento, ogni persona dell’organizzazione deve sapere dov’è e cosa la sua organizzazione vuole da lui: le regole del gioco, il tragitto da compiere, i mezzi per percorrerlo e cosa lo aspetta alla fine.

Quante organizzazioni hanno davvero a cuore questo momento e quante invece lo liquidano con una newsletter o attività similari (esempio convention)?

Comunicare non è sufficiente, è necessario farsi comprendere veramente e senza l’ombra di un “ragionevole” dubbio: solo chi comprende veramente sceglie liberamente e consapevolmente.

Se comprendo scelgo e aderisco (o non aderisco): la seconda molecola è quindi l’adesione. Solo chi sceglie di aderire ad una organizzazione vi porterà tutta la sua energia. Ingannare per farsi scegliere (vale per entrambi organizzazione e individuo), forzare la scelta oppure ancora non comprendere il vero livello di adesione sono errori che l’organizzazione, e l’individuo, rischiano di pagare a caro prezzo.

L’organizzazione ha il dovere di spiegarsi e farsi comprendere ma poi ha il diritto di scegliere solo chi aderisce liberamente ad essa e di abbandonare chi, anche se per ragioni legittime, non è nelle condizioni di farlo. Tanto più libera è l’adesione tanto più forte la colla, tanto più alta l’energia che si trasformerà in valore.

Non importa se una persona è in una casella di una matrice o di una chart a piramide, ma piuttosto se in quella casella (e in tutto ciò che essa rappresenta) ha voglia di esserci oppure no, sapendo cosa comporta esserci.

La terza molecola di cui si compone la colla è relativa al “Fare ciò che si è in grado di fare, aumentare le proprie capacità, evolvere nel tempo”.

La somma delle capacità di una persona sono la misura del suo valore, per sé e per gli altri. Più ampio è il ventaglio di capacità potenziali di una persona maggiore è la sua sensazione di esistere e di essere libero.

Con le prime due molecole, comprensione e l’adesione, persona e organizzazione definiscono il loro contratto: voglio essere qui per realizzare questi obiettivi e so cosa tu, organizzazione, ti aspetti da me.

La terza molecola, così come vedremo la quarta, è connessa alla realizzazione di quel contratto. Dal passare al cosa ho compreso e ho scelto di fare, l’aspirazione, al come posso farlo, e nello specifico, a quali sono le mie capacità per farlo.

Sono la competenza, la capacità e la conoscenza che possono trasformare una ambizione, aspirazione, in un fatto concreto.

Va detto che è molto difficile separare i momenti, le molecole della colla, è una forzatura che mi serve per poterli spiegare e descrivere. Così come la colla vera anche quella organizzativa è il risultato di più molecole che si fondono in un’unica sostanza cessando di essere elementi separati.

Se quindi l’adesione è condizionata dalla comprensione e viceversa, sono infatti più disponibile a comprendere se già penso di aderire. Allo stesso modo l’adesione è condizionata dalla capacità, aderirò più facilmente a qualcosa che sento nelle mie corde e penso di essere attrezzato per fare. Potrebbe però anche capitare che l’adesione avvenga in assenza di capacità specifiche ma invece che sviluppi una forte motivazione ad acquisirle; in questo caso è la conoscenza che viene condizionata dall’adesione.

Ci sarà quindi un incontro mediato tra organizzazione e capacità: da un lato l’organizzazione sceglierà chi possiede le conoscenze necessarie per i suoi obiettivi, o abbia una forte motivazione ad acquisirle, dall’altro però dovrà mettere a disposizione delle persone tutti gli strumenti per continuare il processo di apprendimento.

Il mantenimento della libertà di scelta, che ripetiamo essere centrale, è strettamente connesso al possesso delle capacità o alla consapevolezza di poterle acquisire in un tempo definito. Ciò che conta spesso non è quello che la persona realizza ma quello che potrebbe essere in grado di realizzare.

Amartya Sen sposta l’attenzione dai risultati effettivi a quelli potenziali. Aggiungo che l’organizzazione è un sistema dinamico e non può fermarsi alle competenze del momento ma deve costantemente riflettere su quali capacità le serviranno in futuro.

Paradossalmente l’organizzazione di successo è quella che prepara le proprie persone talmente bene da farle diventare oggetto di desiderio dei competitors: solo in questo modo avrà la prova che chi rimane lo fa per scelta e non per costrizione, perché obsoleto e senza alternative

Quarta molecola ciò che Sen chiama le libertà di fare e trasformare le proprie capacità in funzionamenti: “fare ciò che si è in grado di fare”. Cosa sono le capacità senza i funzionamenti? Sia l’individuo che l’organizzazione esistono per funzionare e produrre un valore per i clienti.

Il sistema di processi è stato molte volte identificato con l’intera organizzazione: esso ne costituisce invece la sola parte meccanica che deve abilitare e fluidificare il passaggio da potenzialità a realtà.

Porter prima, Hammer e Champy poi hanno dato un importantissimo contributo per gestire al meglio questa componente dell’organizzazione e progettare un sistema tattico realizzativo coerente con il resto.

Il legame con la terza molecola le capacità è talmente ovvio che sarebbe superfluo soffermarci: i processi sviluppano capacità che a loro volta migliorano i processi.

Come ho già espresso in altri articoli è nell’unione delle due componenti dell’organizzazione, organica e meccanica che ritroviamo la teoria di Lowen sulla Bioenergetica e sulla necessità che mente e corpo siano in equilibrio.

Come nell’essere umano anche nell’organizzazione, corpo e mente sono interconnessi e si condizionano vicendevolmente. Il malessere di uno può trovare origine, e soluzione, nell’altro.

Quinta molecola i risultati. Le persone hanno la necessità di saper quali risultati ha prodotto la loro azione e in che misura questi si relazionano a quelli dell’intera organizzazione. Per questo motivo collego la necessità di sentirsi protagonisti con la consapevolezza dei risultati. Un’organizzazione ha il diritto di sapere quanto ogni suo componente produce ma allo stesso tempo vale il contrario.

Questo è importante non solo per la consapevolezza del proprio agire ma anche per il miglioramento continuo. Solo chi si misura potrà migliorare e abbiamo già definito come l’evoluzione nel tempo sia un altro elemento portante del nucleo.

Conoscere i risultati propri e dell’organizzazione è una forte leva motivazionale: se sono positivi daranno la giusta dose di entusiasmo, in caso contrario invece se gestiti bene potrebbero dare la motivazione ad acquisire nuove competenze.

L’organizzazione deve quindi saper leggere i risultati, aggregarli e disgregarli in modo coerente e comunicarli costantemente ed esaustivamente.

Sesta e ultima molecola la dimensione sociale. Questa molecola assomma tutto quanto detto finora. Oggi i sistemi sociali non sono chiusi e se da un lato ogni organizzazione si deve confrontare con la comunità in cui è inserita dall’altro le persone stesse attraversano più sistemi all’interno della comunità stessa. L’essere protagonisti, la sensazione di esistere e tutti gli altri verbi del nucleo travalicano i confini dell’organizzazione per estendersi al suo esterno. L’elemento collante che ne deriva è quindi la possibilità di essere sì nel sistema organizzativo, con il complesso di diritti e doveri fin qui descritto, ma di essere protagonista anche nella società. Più una organizzazione produrrà effetti positivi per la comunità più le persone che ne fanno parte si sentiranno motivati ad aderire e realizzare valore. Concetto che nella dimensione individuale si declina nella possibilità di produrre valore contemporaneamente per la propria organizzazione e per la comunità esterna.

Questo è HelloPitagora, un modello concettuale ma anche uno strumento per indagare la forza della colla organizzativa e al tempo stesso per progettare quali azioni di miglioramento mettere in campo per far funzionare l’organizzazione esaminata.

Questo sia per organizzazioni esistenti, che devono essere analizzate, che per quelle nuove, che disegnerò focalizzando la mia attenzione su come massimizzare l’effetto collante partendo dalle singole molecole prima e combinandole al meglio dopo.